SOCI DI CAPITALE NELLE STP : CRITICITA’

24.07.2012 13:14

L’accesso ai soci di capitale è stato motivato dall’esigenza, oggi indubitabile in certe professioni, del reperimento di capitali; solo che non si è considerato, o lo si è voluto ignorare, che questa esigenza già da tempo troverebbe risposta nella forma della società di mezzi (suggerita anche dalla Cass. Civ.; sent. n.9500/97 a s.u.), soluzione assai più lineare e più “pulita” perché assolutamente rispettosa dei principi costituzionali su cui si fonda l’attuale ordinamento professionale.

L’apertura a soci di capitale non in possesso dall’Abilitazione professionale, mi pare una deroga all’art.33 della Costituzione, e non mi pare che sia propriamente in linea con la funzione attribuita alle professioni cosiddette “protette”, di  tutela della “pubblica fede”;

Anzi tutt’altro, è frutto della spinta egemonica degli ambienti imprenditoriali (leggi Confindustria) e della forzatura di un voto di fiducia del Governo.

Rimarrebbero quindi seri dubbi di costituzionalità, da cui tutta una serie di punti di domanda. Ad esempio la equiparazione tra le condizioni operative delle STP a quelle dei professionisti singoli, onde evitare disparità di condizioni operative, su cui il CdS si è già mosso, sollevando appunti allo Schema di DM del 2 luglio u.s. a proposito dei requisiti di moralità che vanno richiedesti ai soci di capitale, in analogia a quanto richiesto ai professionisti.

Poi c’è da chiedersi quali implicazioni deriveranno dal racchiudere entro un unico quadro normativo, situazioni che ricadono oggi sotto tre diversi Titoli del Codice Civile: quello delle professioni, quello delle società e quello delle cooperative.

Sul piano fiscale mi chiedo: come verranno uniformati i diversi regimi, che ora vedono penalizzato il professionista singolo, favorita la società ed ancor più avvantaggiata la cooperativa?

Non sono un giurista e non me lo so configurare.

Mi chiedo poi come si potrà inserire un socio di solo capitale in una cooperativa, se mi riferisco all’art.45 della Costituzione che recita “la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità senza fini di speculazione privata”; i soci nella cooperativa devono essere legati “da analoghi bisogni di mutuo appoggio in uno stesso fine”; quello del socio finanziatore è invece un bisogno diverso da quello mutualistico, perché di puro e semplice lucro.

Poi, come si potrà attribuirgli un dividendo, cosa che non è prevista nella normativa sulle cooperative? E come si concilierà il fatto che quell’utile di natura puramente finanziaria, sarà in parte il risultato dei benefici fiscali di cui avrà goduto la cooperativa?

 Poi ancora: i soci di capitale potranno essere conteggiati per il raggiungimento del numero minimo necessario alla formazione della cooperativa?

Passando poi alle società di capitali mi chiedo :

quali mezzi avranno gli Ordini per contrastare l’infiltrazione di soggetti legati alle varie mafie, sacre corone, n’drangheta ecc.nelle professioni, specie quelle che come la mia, toccano la materia ambientale?  abbiano quotidianamente notizia di smaltimenti illeciti favoriti da declassamento di rifiuti pericolosi.

Quali mezzi di indagine avranno gli Ordini per operare in funzione dell’antiriciclaggio per vigilare sui capitali di origine illecita apportati nelle STP ?

Sarà ammessa la partecipazione come socio anche a persone giuridiche con la creazione di scatole cinesi ?

Saranno ammessi patti parasociali coi quali i soci di capitale possano pesare e influire oltre il limite del 33 % della loro partecipazione economica?

Un socio professionista radiato per ragioni disciplinari, potrà rientrare come socio di capitale?

Saranno riviste le modalità assolutamente antidemocratiche per l’elezione degli Consigli degli Ordini e dei Consigli Nazionali che favoriscono il formarsi di gruppi di potere?

Sarà depositata presso gli Ordini, una informazione trasparente ed aggiornata in tempo reale, sulla variazione dello statuto e della compagine societaria, accessibile anche a tutti gli altri Ordini, e senza dover “rincorrere” continuamente le CCIAA ?

Insomma andrebbero riesumati i molti richiami al rigore in materia di “future” società professionali, avanzate negli anni, dalla Cass. Civile ( sent.n.2555/86 e  n.9500/97),  dal CdS (parere n.72/98), e soprattutto della C.Costituzionale (sentenza n.43/’72): “…l’art 33, comma 5.intervenuto quando, per l’esercizio pubblico di  date professioni, vigevano generali o speciali ordinamenti, ha necessariamente di questi preso e dato atto, e, prescrivendo un esame di Stato..e per l’abilitazione all’esercizio professionale, ha segnato e segna un limite all’attività, passata e futura, del legislatore. ” ; la stessa poi nella successiva sentenza n.17/76, giudicò ammissibili le società, ma precisò tuttavia : “…fermo restando che una congrua normativa è necessaria per evitare la possibilità dell’esercizio abusivo e il pericolo dello sfruttamento dell’opera intellettuale, nonché per regolare le responsabilità nei confronti dei clienti e di terzi…”.

 

                                                                             ALP – Associazione Liberi professionisti

                                                                                         Dipartimento Chimici

                                                                                           dr.Gabriele Ansaloni

                                                                                             (ansgab@chimici.it)